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giovedì 29 novembre 2007

I Corvi

Arthur Rimabud, colui che ha aperto la strada ad una nuova visione della poesia: il suo nuovo verbo poetico ha fatto saltare le norme della civiltà e della determinazione sociale. Rimabaud il maledetto per eccellenza.


"volgio essere poeta, e lavoro a rendermi veggente: lei non ci capirà niente, e io quasi non saprei spiegarle. Si tratta di arrivare all'ignoto mediante sregolatezza di tutti i sensi. Le sofferenze sono enormi, ma bisogna essere forti, essere nati poeti, e io mi sono riconosciuto poeta. Non è affatto colpa mia. E' falso dire: Io Penso, si dovrebbe dire: mi si pensa. Scusi il gioco di parole.
IO è un altro"
Arthur Rimabud
lettera al prof.Geroges Izambard,
13 Maggio 1871
I CORVI

Signore, quando i campi sono freddi,
Quando sui casolari diroccati,
Tacciono i rintocchi dell'angelus…
Sulla natura sfiorita
Fa' che si avventino dai grandi cieli
I corvi cari e deliziosi.

Strana masnada di severi stridi,
Il vento freddo vi aggredisce i nidi!
Oh voi, lungo i fiumi ingialliti,
Voi, per le strade d'antiche vie crucis,
Sopra i fossati e sopra le buche
Disperdetevi, su, radunatevi!

A migliaia, sui coltivi di Francia,
Ove dormono i morti dell'altro ieri,
Su, d'inverno, turbinate,
Affinché ogni passante ripensi!
Che tu sia il banditore del dovere,
Oh nostro funereo uccello nero!

Però, santi del cielo, sulla quercia,
Alta a maestra nella sera incantata,
Lasciate le capinere do maggio
Per chi in fondo al bosco, sull'erba
Da cui nessuno sfugge, è incatenato
A una disfatta che non ha domani.

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